Non sono un’estremista della riparazione. Se una cosa è da buttare, la getto via senza rimpianti, ma che dire degli oggetti che con un piccolo intervento potrebbero tornare nuovi? Il segreto è capire quali valga la pena salvare.
Mi riferisco alle cerniere lampo a cui si è rotto il cursore, agli anfibi con la suola consumata, alla borsa in pelle che ha perso colore, al maglione a cui è rimasto un solo bottone, al coltello che ha perso l’affilatura, al ferro da stiro che non si accende. Molti di voi probabilmente pensano che la riparazione spesso non convenga, ma difficilmente ci si sofferma su altri tipi di costi, per esempio quello dello smaltimento dei rifiuti che è a carico di tutta la collettività e pesa sull’ambiente.
Gli ombrelli comprati dagli ambulanti durano un giorno
La mia amica Chiara rimane giustamente sconvolta dall’enorme quantità di ombrelli che vengono venduti dagli ambulanti a Milano in prossimità delle metropolitane durante gli acquazzoni. Quelli sono oggetti di pessima qualità che probabilmente non varrà la pena riparare, ma che gettati nell’immondizia – magari dopo poche ore dall’acquisto – producono una montagna abnorme di pattume.
Siamo circondati da una mostruosa quantità di oggetti in vendita. Molti di questi prodotti costano pochissimo: la verità è che spesso il materiale di cui sono fatti è scadente, la verità è che gli operai che li realizzano sono pagati una miseria. Eppure una soluzione, una piccola cosa, a portata di tutti, ci sarebbe. La riparazione.
La qualità come stella polare che ci orienta negli acquisti
Le donne della mia famiglia hanno sempre prestato grande attenzione alla qualità dei tessuti. Da piccola, ricordo mani sapienti che tastavano il velluto, il cotone, la seta e il lino per verificarne la qualità. Forse dovremmo ricominciare a fare acquisti più consapevoli, controllando le etichette per valutare caratteristiche e prestazioni delle cose che compriamo. A volte non vale la pena riparare un oggetto semplicemente perché già all’origine l’abbiamo pagato pochissimo, ma così diamo vita al famoso serpente che si morde la coda:
- pago poco un oggetto
- si rompe
- non vale la pena aggiustarlo
- lo butto
- ne compro un altro.
Così all’infinito. E i rifiuti aumentano.
Abbasso la pigrizia, troviamo gli artigiani in rete
Ricominciamo a frequentare le mercerie. Non dimentichiamoci, anche se non sempre è facile scovarli, che esistono artigiani che riparano gli abiti (Celestina Orlo Espresso è solo una delle tante sartorie che si trovano in giro), le biciclette, i mobili in legno, le cornici, le macchine fotografiche, ma anche i materassi.
Giacimenti Urbani è un’associazione nata con lo scopo di diffondere le attività virtuose della città di Milano e che organizza periodicamente in Cascina Cuccagna eventi che promuovono il vivere sostenibile. Per sostenere queste realtà che riparano, riusano, riutilizzano e riciclano è stata creata un mappa virtuale dove è possibile trovare molti artigiani divisi per zone: vi invito a ispezionarla.
Io mi impegno personalmente a scegliere il più possibile la qualità negli acquisti. Voglio comprare ombrelli decenti, voglio pagarli il giusto e trattarli con cura, poi certo, cercherò di non dimenticarli in giro come faccio di solito e, naturalmente, a ripararli se si rompono (per esempio, ho scoperto che qui li riparano).
E voi come vi comportate con gli oggetti che si rompono? Li fate riparare? Lo fate personalmente o cercate degli artigiani?
Importante articolo. Che fa davvero pensare agli acquisti compulsivi che facciamo senza lungimiranza ambientale e finanziaria. Mi (forse) serve, costa pago, lo prendo, e lo butto. Togliam l’anima alle cose e alle persone che ci lavorano dietro. Perdiamo la cura di ciò che abbiamo, tanto è tutto sostituibile prontamente. Grazie cinzia delle preziose dritte
Anch’io ho commesso errori nel conservare cose che poi ho buttato. Ma da anni m’ingegno a rimettere in sesto, a riparare per quanto possibile. Non mi sono vergognato di sottrarre dalle discariche qualche aggeggio “scassato” per recuperare componenti altrimenti costosi e introvabili. Ma il mercato e soprattutto le istituzioni sembrano remare al contrario. Non sempre presso le discariche comunali c’è disponibilità a far allontanare dal circuito dello smaltimento quanto richiesto: ciò che è stato consegnato è imprendibile, almeno per le autorità. In alcuni comuni, invece, si incoraggia: si mettono a disposizione di “volontari della riparazione” oggetti da rimettere facilmente in circuito: successivamente si consegnano a richiedenti, senza scopo di lucro. Questo è quanto ho letto qualche anno fa a proposito di idee sullo sviluppo sostenibile, scambiate a Venezia in un convegno, riferite da volontari AUSER. Comuni “virtuosi” se ne trovano perlopiù in Emilia-Romagna. Anche nel campo delle auto siamo afflitti dai divieti più o meno totali. Il meccanico medio dalle mie parti si rifiuta di usare oggetti provenienti da demolizione, in quanto non garantiscono la riparazione.
La passione del ripristino ha condizionato anche il mio hobby principale: sono radioamatore dal 1968, col nominativo I2SRM. L’industria si è servita di noi; questa è la ragione principale del sostegno a noi da parte di stati lungimiranti, come gli USA. Consumiamo oculatamente: ho un’apparecchiatura che risale agli anni ’60, e la tengo in vita con tanti accorgimenti. Qualcuno di noi ha ancora apparati della Seconda Guerra Mondiale, tasti telegrafici, telegrafi, ecc. È un po’ lottare contro l’entropia. Gli oggetti si caricano di un’aura misteriosa: ci ricordano il nostro passato e coloro che non sono più.
Grazie Michele, tu sei proprio un esempio virtuoso!
[…] che con un piccolo intervento possono tornare come nuovi, valgano la pena di essere salvati (da La sostenibile leggerezza della riparazione) e che il tuo zaino meriti di fare avventure insieme a te. Per questo ti vogliamo mostrare che con […]