Perché amo l’usato

Ho sempre avuto una grande passione per gli oggetti vintage. Oggi acquistare l'usato è diventata anche una necessità per il bene del Pianeta.

Ho sempre avuto una grande passione per gli oggetti di seconda mano. Mai come in questo momento il mio amore è diventata una necessità. In un Pianeta sovraffollato di persone e di cose dare una nuova vita agli oggetti è una missione, almeno per me.

A quindici anni compravo pantaloni e giacche di velluto usati da Surplus o da Napoleone, un negozio nascosto in una parallela della centralissima via Torino, con buona pace di mia madre che avrebbe venduto volentieri l’anima al diavolo pur di vedermi vestita “come si deve”: con abiti nuovi, moderni, profumati e stirati. Io niente, ero già fedele alla causa.

Mi piacevano i modelli di altri tempi, quelli che raccontavano la storia di un’epoca. Forse questo amore arriva dall’infanzia, dai pomeriggi trascorsi a provare eleganti cappelli creati dalle mani sapienti di modiste degli anni Venti del Novecento e vestiti di alta sartoria a casa della vicina di casa che fu per me a tutti gli effetti un’affettuosa, amorevole e fantastica nonna adottiva.

Cerco la bellezza e l’autenticità, non le mode del momento

I mercatini dell’usato sono la mia passione, ma non amo quelli che vanno tanto di moda oggi, soprattutto a Milano e dintorni dove rischi di trovare sul tuo cammino, ad ogni angolo, un mercatino super chic e a prezzi un po’ proibitivi (vedi East Market, che ha appena parte un negozio “vero” in zona Porta Venezia). A me piacciono quelli autentici, quelli che vendono meravigliosa chincaglieria a prezzi popolari, dove puoi trovare un set di bicchieri in cristallo a dieci euro, dove puoi portarti a casa uno specchio enorme con una bella cornice dorata a quaranta euro. Esistono, esistono.

Poco tempo fa ne ha chiuso uno molto grande in via Brenta: lì avevo preso parecchie cianfrusaglie per l’appartamento in cui ho abitato qualche anno spendendo davvero pochissimo. Ce n’è uno in via Monte Sabini, in fondo a via Ripamonti, dove vado spesso e che mi piace per la sua autenticità, ma penso anche ai negozi Humana o a quelli ManiTese. Tutte realtà presenti da tempo sul territorio e che non fingono di essere ciò che non sono. Se non ho voglia di muovermi, scelgo il web.

Ho trovato cose carine sul gruppo Facebook Passatel di Radio Popolare dove ho acquistato, grazie al raffinato Flânerie Milano, un paio di poltrone di modernariato molto belle e un lampadario, anche se gli oggetti più preziosi li vende esclusivamente sul suo profilo Instagram. Su Passatel si trovano anche i begli oggetti restaurati da Manà Manà, un interessante spazio espositivo aperto da pochi anni e situato in via Bergamo 26, una stradina graziosa del centro di Monza. È molto interessante anche il sito di Shpock dove si possono fare grandi affari anche dietro casa, delimitando a pochi chilometri dal proprio domicilio la ricerca dell’oggetto desiderato.

Libri usati ordinati ripetendo il mantra della decrescita

Da qual che mese, su suggerimento della mia amica Mara, acquisto i libri quasi esclusivamente su Libraccio. Mi arrivano a casa, senza spese di spedizione se supero i 29 euro e in perfette condizioni (anche se il 99% delle volte arrivano dopo settimane, non so per quali difficoltà logistiche e di gestione degli ordini), mentre la mia amica Lara preferisce acquistare su Comprovendolibri che però io non ho ancora provato.

Capisco che per molte persone possa essere svilente, magari disgustoso acquistare l’usato, ma per me oltre che un piacere è sul serio un dovere: sul nostro pianeta si producono troppi oggetti che non servono e che non saranno mai utilizzati da nessuno. Lo trovo uno spreco, lo trovo poco etico.

Molti economisti promuovono la crescita, dicono che bisogna comprare, che se crolla il mercato crolla il sistema su cui esso si poggia, ma ne sono consapevole e me ne assumo la responsabilità. Da queste poche righe si sarà capito, io alla crescita preferisco la decrescita teorizzata da Serge Latouche, l’economista francese che ho intervistato due anni fa. Eppure c’è chi contesta fortemente il legame tra usato e decrescita.

Alcuni, non a torto, considerano l’usato “consumismo con altri mezzi”. Lo afferma per esempio Gianluca Greco. Sarà anche vero, ma rimane pur sempre un consumismo più amico dell’ambiente.

Voi cosa ne pensate? L’usato è sempre sostenibile? Avete mai comprato dei vestiti o dei mobili usati? Se sì, dove li acquistate?

Data di pubblicazione: 20 December 2022

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