Come meditare su una canzone pop

Si può riflettere sulla vita ascoltando una canzone? Certo che sì, io l'ho fatto con “Nessun grado di separazione” di Francesca Michielin.

Si può agire con “l’anima unificata”? Questa è una citazione che prendo in prestito dal filosofo e rabbino Martin Buber quando nel suo libro “Il cammino dell’uomo” racconta che gli inciampi dell’agire dipendono dagli inciampi dell’anima e che un’anima unificata non ha bisogno di raccogliere le sue parti sfilacciate perché sa concentrarle e indirizzarle tutte verso una meta, senza sforzo, con il corpo e lo spirito fusi insieme. Come ci sono arrivata? Ascoltando “Nessun grado di separazione” di Francesca Michielin.

Questo post è stato scritto originariamente sotto forma di meditazione per i partecipanti del centro culturale Philo durante la serata “D’altro canto… Meditazioni della sera, con un libro o una canzone” del due maggio scorso. È un ciclo di incontri nato dalla costola del seminario sulla voce che frequento da oltre un anno e di cui parlo anche qui. A turno, durante l’anno, i partecipanti hanno portato una riflessione su un libro o una canzone al pubblico. Il mio contributo è questo.

Ho scoperto questa canzone l’anno scorso grazie alla mia amica Silvia L. che fa parte come me del seminario “Di chi è la voce?”. L’aveva appena pubblicata su Facebook scrivendoci sopra un commento entusiasta che non ricordo quale fosse. La canzone è di Francesca Michielin, artista per me sconosciuta fino ad allora. Il brano, che effettivamente ha folgorato anche me, è questo.

 

Canta che ti passa

Durante la meditazione l’ho cantata davanti a tutti. Senza base, senza musica. L’ho cantata per dimostrare quanto si possa lavorare su di sé in un gruppo senza finalità prestazionistiche, in un gruppo che anche grazie ai conduttori Domitilla Melloni e Fabio Michelin, accoglie e sostiene le voci che ne fanno parte senza giudicare. Penso a quanta acqua sia passata sotto i ponti dall’anno scorso, mi ricordo infatti che al primo o al secondo incontro a cui partecipai dovevamo portare (e cantare) una canzone che ci risuonasse (avevo scelto “l’anima vola” di Elisa) e mi ricordo che, per il terrore, allora non ero riuscita a cantare neanche una strofa tutta intera.

La riflessione che ho portato l’altra sera era suddivisa in due parti, la prima aveva un taglio autobiografico, mentre la seconda cercava di guardare al senso della canzone da una prospettiva più universale. Ho proposto anche due esercizi autobiografici, uno simile all’esame di coscienza dei filosofi antichi, l’altro preso dalla cultura orientale.

Così dentro le canzoni, così fuori

“Nessun grado di separazione” sembra una canzone d’amore, probabilmente lo è, ma io l’ho interpretata fin da subito in un altro modo. A me sembra che la cantante parli a se stessa, a parti di sé, a una parte di sé. Il brano mi ha dato modo di cogliere una metamorfosi, una trasformazione già avvenuta dentro di me, ho constatato un’integrazione delle mie parti, una mia completezza rispetto al solito, come un processo avvenuto, ho osservato in me la presenza di armonia interiore, di serenità, di pace che è avvenuta e che prima non c’era. Quando lei dice: “non c’è più nessuna esitazione tra di noi, non c’è nessuna divisione tra di noi, siamo una sola direzione in questo universo che si muove” io non mi immaginavo che il referente del messaggio fosse un partner, era come se stessi parlando con tutte le parti di me, non più separate l’una dall’altra.

Screenshot preso dal videoclip del brano “Nessun grado di separazione” (2016)

Il filosofi e la vita

Questa canzone racconta un processo che si compie, la storia di una nuova nascita, di nuova fase della vita, la prima e la terza parte della canzone narrano una storia: “È la prima volta che mi capita Prima mi chiudevo in una scatola” oppure “Davo meno spazio al cuore e più alla mente Sempre un passo indietro, E l’anima in allerta”. Devo dire che, non so voi, probabilmente non è sempre così, ma chi si laurea in filosofia questo problema rischia di averlo sul serio, cioè quello di stare sempre nella testa, ragionando in maniera molto logica, formale, coerente, ma spesso poco vicino alla vita. Per tornare alla canzone, Francesca Michielin racconta che, a un certo, punto scatta qualcosa in lei. La canzone dice: “E poi ho sentito un’emozione accendersi veloce e farsi strada nel mio petto senza spegnere la voce”. È come se si fosse accesa una miccia, una miccia che si sta facendo largo nel corpo e che vuole uscire, che vuole esprimersi, che vuole comunicare appunto con la voce.

I esercizio autobiografico

Ecco, magari nella vita avete sentito anche voi quel “click”, quella sensazione di cui parla la canzone, una sorta di evidenza di qualcosa. Nel bene e nel male, chiaramente. Nel “male” lo dico tra virgolette, sapete che il filosofo greco Epitteto diceva nel suo Manuale che non sono i fatti a turbarci, ma i giudizi che diamo loro. Non so voi, ma io sono abbastanza d’accordo. Però quando una cosa fa male, si soffre, bisogna farsene carico senza far finta di non provare dolore. A questo proposito l’altra sera ho proposto un piccolo esercizio autobiografico introdotto da qualche minuto di rilassamento (che qui vi risparmio, ma che ritengo fondamentale per la buona riuscita dell’attività):

Provate a vedere se c’è stato un momento o più di uno oggi in cui vi siete fermati ed eravate davvero presenti a voi stessi interamente, sereni, contenti… Oppure se c’è stato un momento oggi, un momento preciso in cui avete sentito chiaramente di aver lasciato da parte, accantonato una parte di voi, di averla dovuta accantonare per quieto vivere, per essere gentile, per non polemizzare, per paura, perché era giusto così, perché è successo, perché avete lasciato andare qualcosa di voi.

La teoria dei sei gradi di separazione

Il titolo del brano “Nessun grado di separazione” si rifà alla teoria dei sei gradi di separazione. In semiotica e in sociologia è quell’ipotesi secondo la quale ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona o cosa attraverso una catena di conoscenze e relazioni con non più di 5 intermediari. La teoria nasce da un’opera teatrale scritta dall’ungherese Frigyes Karinthy che si basa su un fatto realmente accaduto: racconta la storia di questo giovane che sfrutta il nome dell’attore Sindey Poitier, che finge di essere suo nipote, per ottenere dei favori da diverse famiglie benestanti. Ho letto recentemente che la teoria dei sei gradi di separazione, grazie ai social network, sarebbe addirittura stata superata. Oggi secondo Facebook la distanza media di una persona da Barack Obama sarebbe di sole 3,57 persone. Mi sembra una cosa straordinaria.

night night sky nightsky ©Photo via Visual Hunt

II esercizio autobiografico

Il secondo esercizio che ho proposto si ispira al monaco vietnamita Tich Nhah Hanh secondo il quale non siamo davvero autonomi e autosufficienti come ci piace credere, ma individui interconnessi con tutto quello che abbiamo intorno. Sostiene inoltre che siamo tutti in relazione stretta con le cose che usiamo e che ci sembrano scontate, e con tanti altri importanti elementi vitali:

  • la terra e la natura da cui dipendiamo per sopravvivere
  • i nostri antenati (nonni, prozie, bisnonne e trisavori)
  • i nostri maestri spirituali (cioè coloro che ci hanno impartito delle lezioni)

L’altra sera ho chiesto ai partecipanti di scrivere le cinque cose da cui si sentono di dipendere, le cose o le persone a cui si sentono interconnessi. Io, di sicuro, ci metto la terra.

plant hands root
©Visual Hunt

L’universo in una canzone

Per salutare i presenti lasciando in loro questa sensazione di vicinanza, di fratellanza e sorellanza con il tutto, ho voluto leggere il pensiero di Swami Vivekananda, un mistico indiano morto nel 1900. Ho chiesto di chiudere gli occhi e di ripensare alle ultime parole della canzone:

“Non c’è più nessuna divisione
Tra di noi
Siamo una sola direzione in questo universo
Che si muove”

Il pensiero di Vivekananda è questo:

“Guardate l’oceano e non le onde. Anche se possiamo apparire come piccole onde, l’oceano è alle nostre spalle e siamo un tutt’uno. Nessuna onda può vivere da sola. L’intero universo è il mio corpo, tutta la salute, tutta la felicità è mia, perché sono nell’universo. Ripeti per tre volte. Io sono l’universo. Io sono l’universo. Io sono l’universo”.

Che cosa dire di più? Così in basso, così in alto.

Data di pubblicazione: 19 December 2022

Psicologia

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